La reazione che rende i cibi più gustosi può produrre una sostanza pericolosa per la salute, anche nei prodotti fatti in casa
Ti è mai capitato di vedere le patatine ben dorate, il toast croccante, o la crosta scura di un biscotto e pensare: “così è più buono”? Dietro quell’aspetto appetitoso si nasconde una trasformazione chimica che in certi casi può generare un rischio reale.
Si chiama acrilammide, ed è una sostanza che si forma nei cibi durante la cottura ad alte temperature. La sua presenza, seppur invisibile, è ben documentata da studi scientifici e dalle analisi delle autorità europee.
È la reazione di Maillard che la produce, la stessa che rende bruno e profumato un biscotto o un pezzo di pane al forno. Ma quando questa reazione supera certi limiti, la formazione di composti potenzialmente pericolosi aumenta.
Cos’è davvero l’acrilammide e perché si forma nei cibi più scuri e croccanti
L’acrilammide è una sostanza che non viene aggiunta dai produttori: si forma naturalmente durante la cottura, soprattutto in alimenti ricchi di amidi, come le patate o i cereali, in presenza di zuccheri e asparagina, un aminoacido presente in molti vegetali. Questa combinazione chimica prende il nome di reazione di Maillard, ed è responsabile dell’aspetto più invitante dei cibi da forno, griglia o frittura.
Quando la temperatura supera i 120 °C e l’ambiente è poco umido, come nei forni o nelle friggitrici, le molecole reagiscono tra loro e, in certi casi, generano l’acrilammide.

Dal punto di vista scientifico, il rischio principale è legato alla possibile cancerogenicità della sostanza. L’IARC, l’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la ricerca sul cancro, l’ha classificata nel Gruppo 2A, cioè tra le sostanze “probabilmente cancerogene per l’uomo”, sulla base di test condotti su animali. L’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha confermato che l’esposizione continuata può aumentare il rischio di tumori e avere effetti negativi su sistema nervoso e riproduttivo.
Tuttavia, gli studi epidemiologici sulle persone non hanno ancora mostrato un legame diretto forte, motivo per cui non esiste un limite legale, ma solo dei valori guida: 350 microgrammi per chilo per gli adulti, 150 per i bambini sotto i 3 anni.
Le principali fonti di acrilammide? Patatine fritte, chips, pane tostato, biscotti industriali, caffè torrefatto, ma anche cracker, cereali da colazione, grissini, e persino snack vegetali come le chips di barbabietola. In pratica, più scuro è il cibo, più è probabile che contenga livelli più alti di acrilammide. In compenso, la sostanza non si forma durante la bollitura, la cottura a vapore o in presenza di molta umidità. Ecco perché la modalità di cottura è cruciale.
Come abbassare il rischio acrilammide a tavola con scelte semplici e senza rinunciare al gusto
Ridurre l’acrilammide non significa rinunciare a pane croccante o biscotti fragranti. Ma serve un po’ di attenzione. Le autorità sanitarie consigliano innanzitutto di preferire una doratura chiara. Il concetto è semplice: più il cibo è dorato, meno acrilammide contiene. Il pane non va tostato fino al marrone scuro, le patate non vanno fritte a lungo fino a diventare quasi nere. Quando si brucia qualcosa, meglio eliminare le parti più scure o, se il danno è evidente, rifare tutto.
Nella preparazione casalinga, si può già fare molto. Per esempio, sciacquare le patate tagliate prima di friggerle o infornarle, per rimuovere una parte degli zuccheri sulla superficie. Meglio anche tagliarle in spicchi grossi piuttosto che a bastoncini sottili: quelli piccoli si seccano più facilmente e diventano più scuri. La temperatura dell’olio è importante: non superare i 170 °C, quando possibile. Evita le patate vecchie, raggrinzite o con i germogli: contengono più zuccheri liberi.
Anche per biscotti e torte vale la stessa regola. Cuocere a lungo a temperature molto alte aumenta il rischio. Basta abbassare leggermente il forno e controllare il colore nella parte finale della cottura. Soprattutto se si preparano dolci per i bambini. Se un biscotto è già cotto, ma sembra “pallido”, resisti alla tentazione di farlo scurire ancora: non è il colore a dire se è buono.
Infine, uno dei consigli più semplici: variare la dieta. Meno snack da sacchetto, meno fritti, meno biscotti confezionati ogni giorno. E più frutta, verdura fresca, legumi, cereali integrali. Questi alimenti non producono acrilammide o ne producono in quantità molto basse. Nessun allarmismo, ma neanche leggerezza: l’esposizione costante, soprattutto nei bambini, è ciò che può trasformare un rischio marginale in un pericolo concreto.
La parola chiave è equilibrio. La cucina non è un laboratorio, ma certe regole aiutano a cucinare con più consapevolezza. L’acrilammide non si vede, non ha odore, ma può restare nei piatti di tutti i giorni. Basta poco per tenerla lontana, senza rinunciare al gusto.