Il trucco della vera focaccia col formaggio di Recco: solo così ti viene uguale all’originale

Un impasto sottilissimo e quella colata cremosa di crescenza: la focaccia col formaggio è un simbolo identitario della Liguria

Con pochi ingredienti e una storia antica alle spalle, la focaccia col formaggio di Recco racconta un’Italia contadina che resiste nel gusto. La focaccia col formaggio è uno dei simboli più amati della Liguria, una specialità che affonda le radici nella storia contadina e che oggi conquista forni, ristoranti e tavole in tutta Italia.

Nata per necessità durante le fughe nell’entroterra, è diventata nei decenni un piatto iconico, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Ma cosa la rende davvero unica? E come si prepara in casa, con gli ingredienti giusti e le tecniche dei maestri panificatori?

Un’origine contadina che attraversa i secoli

Non si tratta solo di una ricetta, ma di un gesto collettivo che arriva dal cuore dell’entroterra ligure e affonda le sue radici ai tempi della terza crociata. Secondo la tradizione, furono i contadini recchesi, costretti a rifugiarsi sulle alture per sfuggire alle incursioni saracene, a creare questa focaccia unica. Avevano a disposizione farina, acqua, olio e una formaggetta fresca, e con quei pochi elementi misero insieme una preparazione che è sopravvissuta ai secoli, restando quasi immutata.

Focaccia
Buona e facile da preparare-popcornlab.it

Quella che inizialmente era una focaccia d’emergenza, fatta per nutrire e sostenere, è diventata con il tempo un piatto riconosciuto a livello nazionale e persino oggetto di tutela IGP, in una delle rare occasioni in cui una ricetta povera diventa simbolo gastronomico. All’inizio era consumata solo in occasione della commemorazione dei defunti, verso fine ottobre, quando l’aria si faceva più umida e le tavole si riempivano di cibi calorici. Ma nel secondo dopoguerra, con la crescita del turismo lungo la Riviera di Levante, questa preparazione iniziò a essere servita tutto l’anno, diventando un’attrazione tanto quanto il mare.

In effetti, pochi piatti riescono a tenere insieme così bene identità, semplicità e piacere immediato. Ogni boccone racconta una terra aspra, operosa, dove il cibo era gesto di sopravvivenza prima ancora che cultura. Oggi le trattorie di Recco, e molti forni della Liguria, continuano a prepararla ogni giorno, in quella versione con doppia sfoglia sottile e crescenza filante, servita caldissima, con il formaggio che scivola ai lati del piatto.

Come si prepara davvero la focaccia col formaggio di Recco

Fare la focaccia col formaggio in casa non è impossibile, ma richiede attenzione. Il primo passaggio riguarda l’impasto, che va lavorato con farina manitoba forte, acqua, sale e un po’ di olio extravergine d’oliva. Serve una planetaria con gancio per ottenere una pasta liscia, elastica, ma non troppo umida. Dopo l’impasto si formano delle pagnottine, due più grandi e due più piccole, da far riposare prima in frigo, poi a temperatura ambiente, per ammorbidire il glutine e facilitare la stesura.

Una volta riposato, l’impasto si stende con il mattarello in due sfoglie sottilissime: la base deve essere leggermente più spessa, mentre la copertura va stesa a velo, quasi trasparente. La teglia va unta d’olio, la sfoglia sistemata con i bordi che sbordano e al centro si distribuisce crescenza fresca a mucchietti, lasciando spazio tra uno e l’altro. Poi si copre con la seconda sfoglia e si sigillano bene i bordi, pizzicandoli con le dita.

Con un gesto rapido si formano dei piccoli strappi o fori nella pasta per far uscire il vapore. Sulla superficie si spennella olio, oppure si usa una salamoia leggera con acqua, olio e sale. Infine, si rifilano i bordi col mattarello e si cuoce in forno statico a 250° per circa 7-8 minuti. Il risultato deve essere una crosta sottile, screpolata, e un cuore filante che cola ai lati appena si taglia. Prepararla richiede pazienza, ma il risultato ripaga ogni minuto.

Il segreto dell’impasto e l’equilibrio con il ripieno

Dietro l’apparente semplicità, la focaccia col formaggio nasconde un equilibrio tecnico delicatissimo. La sfoglia, stesa a mano, deve essere quasi trasparente, come un velo di tessuto, e il ripieno non può essere un formaggio qualunque. Servono crescenza o stracchino freschissimi, morbidi, con il giusto contenuto di umidità per sciogliersi senza separarsi. Nulla di grattugiato, nulla di secco: solo pasta viva e formaggio cremoso.

Secondo Ezio Rocchi, maestro panificatore genovese e custode della tradizione, il segreto è nella cura del riposo dell’impasto, nell’umidità della farina, ma anche nel gesto quotidiano di chi la prepara. La manualità, la pazienza, i tempi d’attesa: tutto contribuisce a creare quell’equilibrio che fa la differenza tra una focaccia che resta piatta e una che esplode in sapore.

Il forno, poi, è fondamentale: deve essere caldissimo, statico, a oltre 250°, per permettere alla sfoglia superiore di tirarsi e spezzarsi nei suoi classici “crateri”, mentre il formaggio sotto inizia a bollire e a spingere. Le gocce d’olio in superficie e le “pizzicate” fatte a mano aiutano a rompere la tensione dell’impasto e a evitare che si gonfi troppo o si strappi.

In un mondo in cui tutto è veloce, industriale, omologato, questa focaccia rappresenta un piccolo lusso di artigianalità. E chi prova a rifarla a casa, seguendo le indicazioni con pazienza, spesso scopre quanto possa essere gratificante un pasto così “povero” eppure così ricco di gusto. Un invito a rallentare, a sporcarsi le mani di farina e a lasciare che il profumo del forno invada la cucina come un ritorno alle origini.